La Procreazione Medicalmente Assistita (PMA)
Alla fine degli anni '70 del secolo scorso si sono sviluppate diverse tecniche per realizzare in laboratorio quel che avviene da sempre in modo naturale all'interno del corpo della donna: il concepimento di un nuovo essere umano. L'insieme di queste tecniche prende il nome di Procreazione Medicalmente Assistita o PMA. In questa pagina forniamo alcuni elementi di partenza per una valutazione personale di questa scelta e sui rilevanti risvolti morali in cui ci si trova coinvolti. Tutti i numeri e i riferimenti sono ricavati - tranne dove espressamente indicato - dalla relazione al Parlamento del 10.11.2023 che riporta i dati relativi all'anno 2021 riguardo l'applicazione della legge 40/2004 che, in Italia, regola gli interventi di PMA. Qui l'indirizzo originale e qui la nostra copia privata del documento.
Inseminazione intra-uterina (IUI)

Dopo la prima bambina, Louise Brown, nata il 25 luglio 1978 con la fecondazione in vitro, la tecnica si è diffusa fino alla situazione attuale in cui, solo in Italia, nascono ogni anno con questi metodi oltre 15.000 bambini (pagina 11).
Cercando in internet "PMA", "Fecondazione in Vitro", "FIVET" o espressioni simili si accede a una moltitudine di siti di istituzioni sanitarie, pubbliche e private, che descrivono e promuovono i loro servizi.
Un tempo le coppie che non riuscivano ad avere figli prendevano in considerazione l'adozione. Da vari anni, via via sempre in numero maggiore, decidono di rivolgersi a un centro che svolge cure e interventi per la fertilità.
Prelievo degli ovociti

Dopo gli accertamenti iniziali, se la situazione lo consente, viene di solito proposto un primo tentativo (detto di I livello) che consiste nell'inseminazione della donna con gli spermatozoi del compagno (inseminazione omologa) oppure ottenuti, scongelandoli, da banche del seme (inseminazione eterologa). Prima dell'inseminazione si attende o, sempre più spesso, si provoca l'ovulazione nella donna con appositi farmaci. Questa prima metodologia non comporta alcuna soppressione di embrioni e la fecondazione avviene all'interno dell'utero della donna. Questo metodo, applicato a 10.234 donne, ha portato alla nascita di 1.295 bambini (pag 11).

Se questo primo tentativo non va a buon fine, alla coppia (e soprattutto alla donna) viene suggerito di prendere in considerazione i metodi di II e III livello che consistono in più passaggi e richiedono un impegno continuativo per varie settimane. La distinzione tra metodi di livello II e III dipende sostanzialmente dal grado di invasività delle procedure effettuate sulla donna (tipo di intervento, sedazione ecc.).

Si inizia con la stimolazione ovarica: vengono somministrati alla donna farmaci a base di ormoni per ottenere una produzione maggiore di ovuli invece che uno solo come avviene tipicamente in natura ogni mese.
Fecondazione in vitro (FIVET)
In questa fase alcune donne (il 12%, pag 78) rinunciano per reazioni avverse o per altri motivi.
Gli ovociti ottenuti in parte vengono congelati per tentativi futuri (tecniche FO - Frozen Oocyte) e in parte vengono posti in una coltura in vitro assieme agli spermatozoi per ottenere vari embrioni. In alcuni casi si lascia agli spermatozoi la facoltà di fecondare - diciamo così - "da soli" gli ovociti (tecniche FIVET) mentre in altri casi il singolo spermatozoo viene espressamente iniettato nel singolo ovocita (tecniche ICSI).
Dopo la fecondazione si hanno a disposizione vari embrioni. Spesso, a questo punto, si passa a una fase di selezione per individuare gli embrioni con le caratteristiche cromosomiche e di vitalità più promettenti e per scartare gli altri (tecniche PGT – Preimplantation Genetic Test o DGP - Diagnosi Genetica Preimpianto).

A questo punto uno o più embrioni vengono impiantati nell'utero della donna che è stata preventivamente preparata con ulteriori cure ormonali che favoriscano l'impianto. Gli embrioni non immediatamente utilizzati vengono congelati per eventuali tentativi futuri (tecniche FER - Frozen Embryo Replacement).

Dal 2014 è possibile la fecondazione eterologa ossia utilizzando gameti (ovuli e/o spermatozoi) estranei alla coppia e conservati congelati fino al momento della fecondazione.

L'effetto dell'impianto in utero può risultare in: nessuna gravidanza, gravidanza singola oppure gravidanza plurima. In quest'ultimo caso (che può accadere anche impiantando un singolo embrione, all'incirca nel 4% dei casi) viene proposta la riduzione fetale, termine elegante per indicare l'aborto procurato di uno o più feti con l'obiettivo di favorire lo sviluppo di quello (o quelli) rimasti e di limitare i rischi connessi alla gravidanza. Per limitare le gravidanze plurime è ormai prassi prevalente impiantare un solo embrione per ogni tentativo.

Impianto (transfer) degli embrioni
Nel 2021 i metodi di II e III livello sono stati applicati a 64.079 donne su cui sono stati impiantati oltre 85.500 embrioni che hanno portato alla nascita di 15.330 bambini (pag 54). Ma non tutti gli embrioni prodotti vengono impiantati. Nel corso del 2021 sono stati prodotti ben 101.035 embrioni (pag 77). Da questi numeri possiamo già ricavare che le percentuali di vero successo sono veramente piccole a fronte dell'enorme numero di embrioni ossia di vite umane che sono state sacrificate. Se solo il 15% degli embrioni prodotti (15.330 su 101.035) arriva a nascere significa che moltissimi esseri umani (l'85%, circa 86.000 in un anno) vengono sacrificati nella ricerca di un figlio per sé. Vi sono donne che percorrono questa strada più volte, un tentativo dopo l'altro, alla ricerca di un successo che ancora non arriva. Circa 50.000 donne (64.079 - 15.000) delle 64.079 che si sono sottoposte all'impianto non sono arrivate a partorire: il 77% delle donne non ha ottenuto quel che sperava.

Nella nostra esperienza di CAV abbiamo potuto notare che almeno una parte delle donne vive tutta questa lunga procedura come una violenza, senza sapere in anticipo tutti i dettagli e le implicazioni etiche di quello che stanno facendo. Oltre al decesso di un gran numero di embrioni va ricordato che queste tecniche hanno dei costi molto elevati (3000-9000 € a ciclo) per il Servizio Sanitario Nazionale che finanzia quasi il 60% dei cicli di II e III livello (tab 3 pag. 69).