Cornelia Marnini Bertolotti ci racconta come ha vissuto nella sua famiglia l'esperienza dei metodi naturali per la regolazione della fecondità. Una preziosa testimonianza di prima mano della dedizione e umanità del ginecologo Giancarlo Bertolotti vero pioniere nella applicazione di queste metodiche. Si è cercato di mantenere il testo originale e colloquiale di questo intervento del 19 aprile 2015 per non alterarne la spontaneità.
Cornelia Marnini Bertolotti è la moglie di Franco Bertolotti, cugino del Servo di Dio Giancarlo Bertolotti.
Io l'ho conosciuto bene - anche se lui era il primo cugino di mio marito - solo dopo la nascita della mia seconda bambina e per un motivo molto semplice: abbiamo avuto due figli in un anno e alla nascita della seconda bambina il ginecologo di S. Angelo - che mi ha assistito al parto - ha fatto una battuta che mi ha lasciato di stucco: «Eh, signora, due figli in un anno - perché fra il primo e la seconda ci sono 11 mesi e due settimane di differenza - se va avanti così alla fine farà una squadra di pallone, anche perché ha solo vent'anni». Io ho risposto: «No, guardi, la squadra di pallone non ho nessunissima intenzione di farla» però, nello stesso tempo, questa frase mi ha provocato enormemente. Soprattutto mi ha fatto riflettere sul fatto di essere donna e sul fatto di aver partorito due bambini in breve tempo.
Tornando a casa ho parlato con Franco e abbiamo deciso di sentire il dott. Bertolotti, Gino [per noi di famiglia], per avere alcuni chiarimenti sui metodi naturali: la mia coscienza e la mia moralità mi dicevano che quello era il percorso da seguire anche se avevo vagamente sentito, a S. Angelo, un incontro, prima del matrimonio, sui metodi naturali e si parlava dell'Ogino-Knaus. Però io dico dei miei due figli che uno è figlio di Ogino e l'altro di Knaus quindi non volevo assolutamente avere il terzo abbinato. Per cui abbiamo sentito Gino, che è venuto a casa nostra per vedere se ci poteva suggerire qualcosa che non fosse però in contrasto con il nostro modo di pensare e soprattutto con la mia coscienza.
C'è da dire una cosa: eravamo agli inizi degli anni '70, esattamente nel 1972. Poi il dott. Bertolotti si è dedicato allo studio dei metodi naturali nel 1973: quindi noi eravamo gli inizi per lui come coppia ma erano gli inizi per lui anche come medico. E anche lui ha accennato all'inizio, brevemente, al metodo Ogino-Knaus al che si è preso una bella risata perché io gli ho ripetuto quello che vi ho detto prima. Allora ha incominciato a parlarmi del metodo della temperatura basale.
Devo dire che io ero molto perplessa. Però lui, col suo modo di fare, con il suo sguardo, mi invitava ad aver fiducia in questo metodo. Allora abbiamo posto alcune condizioni. Io ero disposta a mettermi in gioco seguendo il metodo della temperatura basale ed ero disposta a compilare e a restituire tutte le tabelline che lui periodicamente mi inviava. Però, da parte sua, pretendevo l'assistenza e la disponibilità a seguirci altrimenti, scherzosamente, gli dicevo: «Guarda che se io inizio una gravidanza per la terza volta io ti prometto che lo tengo - perché sai come la penso nei confronti della vita - però vengo a partorirlo a Pavia e, quando mi dicono di chi è figlio, rispondo: "del dott. Giancarlo Bertolotti"». Al che lui si faceva una bella risata, mi guardava e si andava avanti.
Devo dire che da subito è iniziata la sua disponibilità nei nostri confronti. Poi, lavorando un po' per l'archivio, ci siamo accorti che non era una disponibilità legata al grado di parentela: era una disponibilità che lui aveva nei confronti di tutte le persone. Lui veniva, prima settimanalmente, a casa nostra, poi ogni 15 giorni. Passavamo le serate intere ad analizzare le tabelle e a ragionarci su. Ci faceva riflettere, ci consigliava, ci aiutava ad interpretarle. In questo suo modo di fare mi sono accorta di quanto lui fosse attento alla donna, al mondo femminile e soprattutto fosse attento alla dignità della donna. La sua venuta, poi, ci portava un altro aiuto notevole perché ci aiutava a crescere nell'amore e nel rispetto reciproco. Ci educava all'attesa per poi gustare, nello stadio del dono: gustare meglio questo dono che ci veniva fatto e che lui chiamava sempre "il bell'amore".
Quando Gino parlava dell'amore coniugale lui lo definiva "il bell'amore": il bell'amore che aiuta a crescere, il bell'amore che aiuta il rispetto, il bell'amore che sostiene nelle prove. Lui lo vedeva così. E quando poi - perché abbiamo sempre seguito i metodi naturali - quando poi io, ogni tanto, dicevo: «Ma io sono stufa perché... sono stufa del termometro, sono stufa delle tabelle» si metteva a ridere e allora io ribadivo: «A sì? tu ridi perché tu, tanto, non sei sposato! poi a letto la sera con Bertolotti ci devo andare io e quindi devo anche fare i conti con il marito». Però lui ci guardava, tante volte non parlava neanche, si metteva a sorridere e poi, dopo, alla fine, diceva: «No, no, dai... non scoraggiatevi! Andate avanti. io vi sono vicino e vi aiuto. Anche perché per me la vostra testimonianza è fonte di gioia e nello stesso tempo è un documento prezioso per le altre coppie. Perché quando io mostro alle altre coppie che chiedono di poter usare i metodi naturali che c'è una coppia che li sta seguendo da tanti anni, questo li aiuta a riflettere». Per cui, anche un po' zoppicando, abbiamo sempre tenuto duro e siamo sempre andati avanti.
Però la sua attenzione nei nostri confronti andava al di là dell'interesse per il fatto che noi usavamo i metodi naturali. Perché, poi, noi abbiamo avuto un terzo figlio e io mi ricordo che quando, intorno agli anni '80, dicevo «Guarda, adesso che i primi due son cresciuti noi vogliamo un altro bambino» la prima volta l'ha presa forse come una battuta poi, quando ha visto che il discorso veniva ripetuto, ci ha aiutato a riflettere sul come essere genitori, soprattutto sul come essere genitori responsabili. Questo è dovuto al fatto che tra me e mio marito ci sono 11 anni di differenza e lui ribadiva che la maternità e la paternità responsabili devono tener conto anche della differenza che ci può essere fra i genitori e i figli. E quindi ci aveva un po' sollecitato dicendo: «Se volete il terzo figlio non andate oltre, decidetevi». Anche qui c'è un episodio che l'ha fatto sorridere quando gliel'ho detto. Avevamo organizzato a Vidardo una serata in occasione della Giornata della Vita. E' arrivato e io gli ho detto «Guarda che sono in gravidanza». E lui: «Ma come fai a saperlo?». E io: «Ma scusa: pensi che 10 anni di tabelle non abbiano portato i loro frutti? Ti dico che sono in gravidanza!» «Hai fatto l'esame?» «No ma non serve: ti dico che sono in gravidanza». Allora, alla fine dell'incontro, è venuto a casa nostra, gli ho fatto vedere le tabelle e lui mi ha detto «Sì, perché la tua temperatura è alta da più di venti giorni quindi questo denota che tu sei in stato di gravidanza».
Questa sua attenzione nei nostri confronti verrà poi testimoniata anche da quel che lui ci portava. Nel senso che ci siamo accorti che non era una persona ferma, lì, statica: ma era una persona sempre e in continuo movimento di aggiornamento. Tutte le volte che lui andava ai convegni arrivava a casa nostra o con l'ultima pubblicazione o con la cassetta del convegno. Quindi aveva anche piacere di metterci al corrente di quelle che erano le nuove frontiere in merito ai metodi naturali. Ma era anche attento alla nostra educazione. io ricordo che quando è uscito il Catechismo della Chiesa Cattolica lui ce ne ha fatto omaggio.
Un'altra cosa che ci teneva uniti era il grande amore per la vita e soprattutto un grande rispetto per la donna. Con Gino non abbiamo mai parlato del valore della vita però era tacitamente sottinteso che per me la vita era sacra e che andava comunque difesa e tutelata in tutti gli aspetti. E la stessa cosa valeva per lui. Io sapevo che, se avevo un problema, su di lui potevo contare. E poi penso di poter dire che il suo aiutare le donne a tenere il bimbo, l'aiutare le donne ad usare i metodi naturali, per lui, voleva dire aiutare la donna a mantenere sempre e comunque la sua dignità come persona, a non essere una donna oggetto. Questo ce l'ha dimostrato tantissime volte. In più era anche attento a quella che è un po' la mia sensibilità: io ero in una parrocchia piccola e magari non ero sempre bene informata allora lui, in occasione delle Giornate della Vita, arrivava con un bel malloppo e diceva: «Guarda! ti ho portato tutto questo. Tu sai cosa devi farne» e in effetti, poi, il malloppo serviva per cercare di sensibilizzare le persone. Devo anche dire un'altra cosa.
Forse perché convinta della sua disponibilità in qualsiasi momento se avessi avuto bisogno, pochi mesi prima che lui morisse sono stata avvicinata da una persona che aveva già in mano il certificato per poter abortire perché aspettava il terzo figlio e, per motivi economici, non poteva assolutamente permetterselo, lei diceva. Ho chiamato Bertolotti e devo dire che l'ho trovato al volo: questo è anche un miracolo perché quando si aveva bisogno di Bertolotti era come cercare un ago nel pagliaio. Non c'era mai: se si telefonava in corsia, a Pavia, era da una parte; se si telefonava a casa era a Pavia. Se si telefonava nella sua casa era in ospedale per cui trovarlo era proprio un evento eccezionale. Quella volta l'ho trovato, ho esposto il caso, da parte mia mi ero impegnata a prendermi una giornata di ferie affinché questa persona riuscisse a risolvere il problema. Da parte sua c'è stata immediatamente la disponibilità a riceverla e ad avere con lei un colloquio. Alla sera avevamo entrambi la certezza che il bimbo sarebbe nato. Quando, su questo, ho cercato di ringraziarlo lui non ha detto una parola mia ha semplicemente guardata, ha sorriso e poi ha detto «Va bene così». Quindi questo era un po' il suo carattere, il suo modo di fare, perché, quando veniva a casa nostra ad aiutarci a interpretare le tabelle e io dicevo: «Ma hai capito quel che ti sto chiedendo? o no?» lui ascoltava, poi mezz'ora rifletteva, poi forse rispondeva oppure... rifletteva un altro po' per cui il suo modo di fare era un po' questo.
Però senza mai farlo pesare e senza mai annoiare le persone. C'è poi anche un'altra curiosità che ci colpiva: spesso e volentieri - penso fosse tipico suo e della sua cultura - veniva a casa nostra con un omaggio per i nostri figli e poi i nostri figli, quando lui andava via, scoppiavano a ridere perché - io mi ricordo - che [ad esempio] al nostro primo figlio di 14 anni ha regalato due bellissimi volumi della Filocalia(3), primo e secondo. Al che, quando lui è uscito di casa, mio figlio ha detto: «E io di questi cosa ne faccio?». Questo era il Gino che io ho conosciuto e il Gino che io ricordo: per me Gino era così.
Devo dire che da subito è iniziata la sua disponibilità nei nostri confronti. Poi, lavorando un po' per l'archivio, ci siamo accorti che non era una disponibilità legata al grado di parentela: era una disponibilità che lui aveva nei confronti di tutte le persone. Lui veniva, prima settimanalmente, a casa nostra, poi ogni 15 giorni. Passavamo le serate intere ad analizzare le tabelle e a ragionarci su. Ci faceva riflettere, ci consigliava, ci aiutava ad interpretarle. In questo suo modo di fare mi sono accorta di quanto lui fosse attento alla donna, al mondo femminile e soprattutto fosse attento alla dignità della donna. La sua venuta, poi, ci portava un altro aiuto notevole perché ci aiutava a crescere nell'amore e nel rispetto reciproco. Ci educava all'attesa per poi gustare, nello stadio del dono: gustare meglio questo dono che ci veniva fatto e che lui chiamava sempre "il bell'amore".
Quando Gino parlava dell'amore coniugale lui lo definiva "il bell'amore": il bell'amore che aiuta a crescere, il bell'amore che aiuta il rispetto, il bell'amore che sostiene nelle prove. Lui lo vedeva così. E quando poi - perché abbiamo sempre seguito i metodi naturali - quando poi io, ogni tanto, dicevo: «Ma io sono stufa perché... sono stufa del termometro, sono stufa delle tabelle» si metteva a ridere e allora io ribadivo: «A sì? tu ridi perché tu, tanto, non sei sposato! poi a letto la sera con Bertolotti ci devo andare io e quindi devo anche fare i conti con il marito». Però lui ci guardava, tante volte non parlava neanche, si metteva a sorridere e poi, dopo, alla fine, diceva: «No, no, dai... non scoraggiatevi! Andate avanti. io vi sono vicino e vi aiuto. Anche perché per me la vostra testimonianza è fonte di gioia e nello stesso tempo è un documento prezioso per le altre coppie. Perché quando io mostro alle altre coppie che chiedono di poter usare i metodi naturali che c'è una coppia che li sta seguendo da tanti anni, questo li aiuta a riflettere». Per cui, anche un po' zoppicando, abbiamo sempre tenuto duro e siamo sempre andati avanti.
Però la sua attenzione nei nostri confronti andava al di là dell'interesse per il fatto che noi usavamo i metodi naturali. Perché, poi, noi abbiamo avuto un terzo figlio e io mi ricordo che quando, intorno agli anni '80, dicevo «Guarda, adesso che i primi due son cresciuti noi vogliamo un altro bambino» la prima volta l'ha presa forse come una battuta poi, quando ha visto che il discorso veniva ripetuto, ci ha aiutato a riflettere sul come essere genitori, soprattutto sul come essere genitori responsabili. Questo è dovuto al fatto che tra me e mio marito ci sono 11 anni di differenza e lui ribadiva che la maternità e la paternità responsabili devono tener conto anche della differenza che ci può essere fra i genitori e i figli. E quindi ci aveva un po' sollecitato dicendo: «Se volete il terzo figlio non andate oltre, decidetevi». Anche qui c'è un episodio che l'ha fatto sorridere quando gliel'ho detto. Avevamo organizzato a Vidardo una serata in occasione della Giornata della Vita. E' arrivato e io gli ho detto «Guarda che sono in gravidanza». E lui: «Ma come fai a saperlo?». E io: «Ma scusa: pensi che 10 anni di tabelle non abbiano portato i loro frutti? Ti dico che sono in gravidanza!» «Hai fatto l'esame?» «No ma non serve: ti dico che sono in gravidanza». Allora, alla fine dell'incontro, è venuto a casa nostra, gli ho fatto vedere le tabelle e lui mi ha detto «Sì, perché la tua temperatura è alta da più di venti giorni quindi questo denota che tu sei in stato di gravidanza».
Questa sua attenzione nei nostri confronti verrà poi testimoniata anche da quel che lui ci portava. Nel senso che ci siamo accorti che non era una persona ferma, lì, statica: ma era una persona sempre e in continuo movimento di aggiornamento. Tutte le volte che lui andava ai convegni arrivava a casa nostra o con l'ultima pubblicazione o con la cassetta del convegno. Quindi aveva anche piacere di metterci al corrente di quelle che erano le nuove frontiere in merito ai metodi naturali. Ma era anche attento alla nostra educazione. io ricordo che quando è uscito il Catechismo della Chiesa Cattolica lui ce ne ha fatto omaggio.
Un'altra cosa che ci teneva uniti era il grande amore per la vita e soprattutto un grande rispetto per la donna. Con Gino non abbiamo mai parlato del valore della vita però era tacitamente sottinteso che per me la vita era sacra e che andava comunque difesa e tutelata in tutti gli aspetti. E la stessa cosa valeva per lui. Io sapevo che, se avevo un problema, su di lui potevo contare. E poi penso di poter dire che il suo aiutare le donne a tenere il bimbo, l'aiutare le donne ad usare i metodi naturali, per lui, voleva dire aiutare la donna a mantenere sempre e comunque la sua dignità come persona, a non essere una donna oggetto. Questo ce l'ha dimostrato tantissime volte. In più era anche attento a quella che è un po' la mia sensibilità: io ero in una parrocchia piccola e magari non ero sempre bene informata allora lui, in occasione delle Giornate della Vita, arrivava con un bel malloppo e diceva: «Guarda! ti ho portato tutto questo. Tu sai cosa devi farne» e in effetti, poi, il malloppo serviva per cercare di sensibilizzare le persone. Devo anche dire un'altra cosa.
Forse perché convinta della sua disponibilità in qualsiasi momento se avessi avuto bisogno, pochi mesi prima che lui morisse sono stata avvicinata da una persona che aveva già in mano il certificato per poter abortire perché aspettava il terzo figlio e, per motivi economici, non poteva assolutamente permetterselo, lei diceva. Ho chiamato Bertolotti e devo dire che l'ho trovato al volo: questo è anche un miracolo perché quando si aveva bisogno di Bertolotti era come cercare un ago nel pagliaio. Non c'era mai: se si telefonava in corsia, a Pavia, era da una parte; se si telefonava a casa era a Pavia. Se si telefonava nella sua casa era in ospedale per cui trovarlo era proprio un evento eccezionale. Quella volta l'ho trovato, ho esposto il caso, da parte mia mi ero impegnata a prendermi una giornata di ferie affinché questa persona riuscisse a risolvere il problema. Da parte sua c'è stata immediatamente la disponibilità a riceverla e ad avere con lei un colloquio. Alla sera avevamo entrambi la certezza che il bimbo sarebbe nato. Quando, su questo, ho cercato di ringraziarlo lui non ha detto una parola mia ha semplicemente guardata, ha sorriso e poi ha detto «Va bene così». Quindi questo era un po' il suo carattere, il suo modo di fare, perché, quando veniva a casa nostra ad aiutarci a interpretare le tabelle e io dicevo: «Ma hai capito quel che ti sto chiedendo? o no?» lui ascoltava, poi mezz'ora rifletteva, poi forse rispondeva oppure... rifletteva un altro po' per cui il suo modo di fare era un po' questo.
Però senza mai farlo pesare e senza mai annoiare le persone. C'è poi anche un'altra curiosità che ci colpiva: spesso e volentieri - penso fosse tipico suo e della sua cultura - veniva a casa nostra con un omaggio per i nostri figli e poi i nostri figli, quando lui andava via, scoppiavano a ridere perché - io mi ricordo - che [ad esempio] al nostro primo figlio di 14 anni ha regalato due bellissimi volumi della Filocalia(3), primo e secondo. Al che, quando lui è uscito di casa, mio figlio ha detto: «E io di questi cosa ne faccio?». Questo era il Gino che io ho conosciuto e il Gino che io ricordo: per me Gino era così.
Io sono qui anche come rappresentante delegata dell'Archivio Bertolotti. Alcune cose: a S. Angelo, dopo la sua morte, vengono per volontà di don Ermanno è stato aperto quello che noi abbiamo definito l'"Archivio Bertolotti" (non so se la terminologia è giusta o sbagliata, non sta a me giudicare). In questi locali, messi a disposizione dalla Parrocchia, sono stati raccolti tutti gli scritti e tutti i libri che aveva Bertolotti. Sono state raccolte tutte le pubblicazioni che lui aveva fatto. Devo dire che sono notevoli e sono a livello mondiale (non solo internazionale ma addirittura mondiale) perché lui proprio ha testimoniato il suo credo nei metodi naturali partecipando ai convegni nazionali, internazionali, mondiali e alcune volte facendo anche delle relazioni che poi sono state pubblicate o sono state oggetto di studio. Sono poi catalogati quelli che sono tutti gli scritti personali inediti.
Una cosa curiosa (penso di non svelare alcun segreto): aveva l'abitudine di tenere tutte le lettere che riceveva e tutte le comunicazioni che riceveva. E su tutte c'è l'annotazione a matita "ho risposto il giorno X"... Secondo me anche questo denota un'attenzione notevole alla persona nel senso che, per lui, qualsiasi persona che si rivolgesse a Gino Bertolotti poteva essere sicura che quel che gli veniva detto e gli veniva chiesto non andava poi perso perché lui proprio rispondeva a tutti - magari a distanza di sei mesi...
Una cosa curiosa (penso di non svelare alcun segreto): aveva l'abitudine di tenere tutte le lettere che riceveva e tutte le comunicazioni che riceveva. E su tutte c'è l'annotazione a matita "ho risposto il giorno X"... Secondo me anche questo denota un'attenzione notevole alla persona nel senso che, per lui, qualsiasi persona che si rivolgesse a Gino Bertolotti poteva essere sicura che quel che gli veniva detto e gli veniva chiesto non andava poi perso perché lui proprio rispondeva a tutti - magari a distanza di sei mesi...